Il segreto bancario adesso non è più opponibile di fronte a richieste dell’Autorità giudiziaria. Ma diversi istituti di credito, nei loro siti, continuano a garantire la massima riservatezza. E c’è un altro aspetto che rende affascinante San Marino agli occhi degli investitori. La fiscalità agevolata alle imprese, che non supera il 17 per cento del reddito complessivo. E’ anche più comodo far girare il contante: fino a 15 mila euro non c’è l’obbligo di segnalare l’operazione.
Il borgo tanto amato dagli evasori agli occhi dell’Europa sta cambiando. L’Ocse ha depennato San Marino dalla black list. L’Italia ancora no, vuole maggiori garanzie di trasparenza. In effetti nella “black list” 2012 compilata da Agenzia dell’Entrate e ministero dello Sviluppo Economico compare ancora il nome di San Marino.
“Sono consapevole – si legge nella lettera scritta dal premier Mario Monti alle istituzioni economiche sammarinesi – degli sforzi compiuti da San Marino per modificare il proprio assetto giuridico nei settori dell’economia che richiedono l’esercizio di una funzione di maggiore controllo da parte delle Istituzioni”. E auspica che “prosegua con efficacia e determinazione anche in vista delle ulteriori valutazioni che verranno effettuate nelle richiamate Sedi internazionali”. Come dire, fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Anche perché tra il 2011 e il 2012, cinque indagini dell’Antimafia hanno scosso la tranquilla e pacifica Repubblica.
Investigatori esteri, che parlano italiano e che seguono camorristi e ‘ndranghetisti fino al monte Titano. Narcotrafficanti delle ‘ndrine che hanno tentato di comprare una banca, camorristi che si vestono da faccendieri della finanza, notabili del luogo spregiudicati. Un mix scoperto dalle Procure antimafia italiane. Anche perché a San Marino le intercettazioni difficilmente vengono concesse. Nonostante una legge approvata di recente, ma di cui manca il decreto attuativo, e quindi i Commissari della Legge, i magistrati sammarinesi, continuano ad avere le armi spuntate.
Dopo l’ultimo scudo fiscale del governo Berlusconi, i depositi annui nelle banche sammarinesi sono quasi dimezzati: si è passati da 14 milioni di euro a 7,5. Un dato che fotografa una realtà e dà una stima del sommerso: prima del condono tremontiano i depositi erano il doppio, sono diminuiti quando il Governo italiano ha concesso ai titolari dei conti la possibilità di far rientrare i capitali in nero in maniera anonima.
Di banche a San Marino ce ne sono 11, di società finanziarie e fiduciarie 25, 62 invece gli intermediari assicurativi, tra questi, 16 sono banche e finanziarie. Tra il dicembre 2008 e il dicembre 2011, la raccolta totale del sistema bancario è diminuita da 13,8 a 7,5 miliardi di euro. La raccolta diretta, cioè i debiti verso la clientela e quelli rappresentati dai titoli è scesa da 9,2 a 5,2 miliardi. Ma la raccolta indiretta – i titoli in custodia e amministrazione e i patrimoni gestiti per conto della clientela – si è erosa da 4,6 a 2,1 miliardi. E’ quanto emerge dai dati forniti dalla Segretaria di Stato per le Finanze di San Marino. Un calo su cui ha inciso fortemente lo scudo fiscale italiano. Emorragia di capitali non proprio lindi e profumati, che hanno atteso l’ombrello del Governo Berlusconi per lasciare San Marino. E rientrare nell’immediata disponibilità degli imprenditori e dei clan.
E poi ci sono i soldi sporchi del narcotraffico che viaggiano dalla Calabria a Bologna e trovano ospitalità in un istituto di credito in difficoltà della piccola repubblica indipendente. Le indagini dei magistrati antimafia rivelano gli imponenti interessi delle organizzazioni criminali a San Marino. Business a sei zeri al riparo dalle norme antiriciclaggio italiane. Storie di una maga, di un broker e di un panettiere. Dall’Emilia Romagna a San Marino. Un hotel dove si incontravano colletti bianchi e narcotrafficanti della ‘ndrangheta, un borsone pieno di migliaia di euro, un omicidio, un banca da ingolfare con soldi sporchi, o forse da acquisire. Quella che ha tutte le sembianze di una sceneggiatura da gangster movie girato tra Bologna, San Marino e la Calabria, è lo scenario descritto dagli investigatori antimafia di Bologna e Catanzaro. Il narcos del clan Mancuso si chiamava Vincenzo Barbieri, ucciso nel marzo 2011 in un paese del Vibonese, i professionisti disposti ad accettare la borsa milionaria sono gli ex dirigenti del Credito Sammarinese, l’hotel è il King Rose alla porte di Bologna, poi finito sotto sequestro.
Barbieri cerca una soluzione d’investimento per mettere al sicuro 15 milioni di euro. E trova il modo di entrare a San Marino grazie alle complicità dei colletti bianchi. Il Credito Sammarinese, una banca fondata nel 2006 e già in grave crisi economica, cede all’offerta. Una proposta indecente, che potrebbe risolvere i problemi dell’Istituto in difficoltà. Impietosa è l’analisi del Gip di Catanzaro che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare per i dirigenti del Credito. “Una banca assolutamente in ginocchio che ha pensato di poter rialzarsi ricorrendo ai depositi del crimine internazionale transnazionale”.
Ma questa non è l’unica storia che riguarda il Credito Sammarinese. Tante altre figure e organizzazioni hanno concluso affari a San Marino. C’è il clan Facchineri. Famiglia di ‘ndrangheta da tempo radicata in Lombardia. Un uomo d’affari a tutto tondo, i cui interessi spaziano dal mare alla pianura, che percorre in lungo e in largo a bordo della sua Maserati targata San Marino.
Ci sono professionisti della camorra come Franco Vallefuco, “collettore di denari sporchi di numerosi clan della camorra e di cosa nostra”. Avvocati, commercialisti, imprenditori. Boss moderni che gestiscono società finanziarie e società di recupero crediti perfettamente legali, registrate e autorizzate dalla Questura. A San Marino, certo. Ma con sedi a Rimini, nel modenese e in Campania. Sovrani del crimine economico che si muovono in lungo e in largo per l’Italia.
San Marino è ancora una meta ambita per i “piccioli” delle organizzazioni mafiose. Certo, ormai puntano anche a paradisi esteri sconosciuti ai più, indicati dai commercialisti di fiducia dei clan. Ma la piccola Repubblica a portata di mano fa sempre gola. E non solo ai mafiosi. Qui investono e mettono al sicuro i profitti in nero tanti imprenditori. Nel ventre finanziario di San Marino si incrociano quattrini sporchi di reati diversi. Proventi della corruzione, di evasione, del narcotraffico, delle organizzazioni mafiose. Un’economia sommersa e sconosciuta al fisco italiano che è lo specchio delle patologie italiane.