25 Novembre, la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, rischia di anno in anno di essere impoverita del suo originario significato di lotta e radicalità con cui le attiviste latino-americane, riunite nell’Incontro Femminista Latinoamericano di Bogotà nel 1981, hanno per prime voluto connotarlo. Non è una vera battaglia contro la violenza se non partiamo dalle giovani generazioni. La violenza maschile sulle donne, l’omofobia, il bullismo si combattono attraverso l’educazione e la formazione.
La cultura della prevenzione però bisogna costruirla, uscendo dall’ottica securitaria e insegnando un’altra educazione sentimentale, che porti le ragazze e i ragazzi a interrogarsi su “verità” troppo a lungo date per scontate. Questo il motivo per cui l’associazione antimafia daSud ha rilanciato la proposta di legge della deputata Celeste Costantino, con una campagna dal titolo #1oradamore.
Questo il senso di “Sdisonorate. Le mafie uccidono le donne”, il dossier in cui abbiamo raccolto la storia di oltre 150 donne vittime delle mafie svelando il falso storico dell’inviolabilità del corpo femminile nella storia della criminalità organizzata di stampo mafioso. Attraverso quest’opera di svelamento abbiamo portato alla luce le sfaccettature di un sistema patriarcale che attinge le sue caratteristiche dalla società in cui i sistemi criminali si muovono.
Oggi 25 novembre vogliamo simbolicamente dedicare questo giorno a Giusi Multari, giovane testimone di giustizia, che inizia a collaborare nel 2005 dopo il suicidio del marito. Giusi era stata ridotta in schiavitù e costretta alla segregazione perché ritenuta colpevole del suicidio del marito, appartenente alla famiglia Cacciola di Rosarno. La sua è una testimonianza preziosa non solo perché svela un traffico di droga internazionale, determinando 16 arresti nella cosca dei Cacciola di Rosarno, ma anche perché la sua scelta di collaborare è un gesto rivoluzionario contro un sistema di potere vincolato ai suoi codici interni, in cui gli elementi che lo contraddistinguono sono quelli che identificano la cultura patriarcale. E’ un atto di liberazione da una vita che si presenta, soprattutto per le donne che appartengono ad ambienti mafiosi, nella veste di un destino ineluttabile.
La vita di Giusi Multari è stata segnata da continue violenze e soprusi. A 20 anni sposa un uomo da cui subisce reiterati maltrattamenti. Più volte tenta di lasciarlo durante il suo fidanzamento. Giusi non ha mai saputo cosa fosse la libertà. Durante il matrimonio non era libera di uscire e in seguito alla morte del marito è stata letteralmente segregata in casa dai suoceri. L’esempio di Giusy dimostra ancora una volta che la storia si può ribaltare. Intraprendere un percorso di fuoriuscita dalle gabbie della mafia è un passo molto drammatico e complesso, compiuto spesso in profonda solitudine e disperazione. Lo è per tutte le donne che subiscono violenza, intralciate da un contesto politico e sociale che spesso a causa dello sgretolamento del welfare e dei servizi anti-violenza risulta ostile e poco favorevole per chi vuole ricostruire passo dopo passo una vita spezzata da maltrattamenti continui. Per le donne che tentano di emanciparsi dalla violenza della mafie la scelta si rivela ancora più drammatica, perché, come sappiamo dalle testimonianze di molte donne testimoni e collaboratrici di giustizia, l’atto di andare comporta un processo rivoluzionario interiore, significa liberarsi da un mondo che ha performato il proprio sé e l’appartenenza alla propria comunità, significa trovare il coraggio, ripensarsi come donna e ricercare un nuovo modo di guardare al mondo.
Giusi Multari oggi, sebbene oggi viva sotto un programma di protezione, ha acquisito finalmente il suo senso di liberta affidandosi alla giustizia. Sulla sua strada ha incontrato Alessandra Cerretti, donna e una magistrata, che ha avuto un ruolo e un peso determinante nelle collaborazioni di Giusy Pesce e Maria Grazia Cacciola. A lei che ha trovato la forza di resistere e di infrangere il muro dell’omertà, della violenza e del terrore dedichiamo il nostro 25 novembre.