Il 25 aprile al Pigneto e la trattativa con la Lega
di Danilo Chirico
Un racconto personale e anni di daSud tra socialità, occupazioni, antimafia e visione.
Il primo 25 aprile è stato nel 2009. Avevamo concluso la prima Lunga Marcia della Memoria, in Calabria, con il restauro del murale dedicato a Rocco Gatto, e al rientro a Roma sentivamo il bisogno di consolidare l’esperienza che avevamo maturato. daSud non era più un gruppo di topi da biblioteca, era diventato un gruppo grande, che aveva fatto il suo debutto in società. E la prima cosa che abbiamo fatto è stata cercare un posto fisico, un luogo per vederci, fare succedere delle cose. Lo abbiamo trovato al Pigneto, in via Gentile da Mogliano, dove – a quell’epoca – c’eravamo soltanto noi. Abbiamo deciso di debuttare il 25 aprile. Al Pigneto, si sa, il 25 aprile c’è una bellissima festa di quartiere e non volevamo in alcun modo essere in concorrenza. Anzi, abbiamo partecipato alle riunioni organizzative e offerto la nostra disponibilità a dare una mano. Avremmo però fatto la nostra festa, a pranzo. Così è stato. Si mettono ai fornelli tutti, tutti rigorosamente a cucinare piatti della tradizione del sud. Non so se sia nata quel giorno la tradizione che ha voluto Cinzia preparare l’humus per almeno un centinaio di volte ma certo il suo humus è rimasto nella storia. Vedete pubblicati alcuni menù degli anni a seguire (quelli che sono riuscito a recuperare), ricordo le decine di salsicce di Nello, la caponata di Luca, gli arancini/e di Lorenzo, la pasta con le sarde di Vito. A me che non cucinavo il compito di svaligiare i supermercati per le birre, il vino, gli alcolici. Poi un giro di telefonate: venite a mangiare da noi!
Abbiamo preparato per centinaia di persone (perché da buoni meridionali le cose non devono mai mancare) e abbiamo sistemato la sede creando un gigantesco bancone. Sapevamo che sarebbero venuti in tanti a dare un’occhiata, non avremmo mai immaginato così tanti. Centinaia e centinaia di persone da mezzogiorno in poi hanno cominciato ad affollare la strada che di fatto si è trasformata in una piazza con tavoli, sedie, ballerini, musicisti, mimi, attori. A un certo punto è spuntato Ascanio Celestini, indossava una maglietta con la scritta Clandestino, di quelle che faceva la rivista Carta (che adesso non esiste più). Da qualche parte deve esserci ancora la foto. Alle 19 noi eravamo completamente ubriachi e felici di quella giornata, la gente non andava più via. A un certo punto qualcuno dalla festa ufficiale del Pigneto è venuto a chiederci di chiudere: non c’è nessuno da noi. Ma noi, in realtà, avevamo già chiuso: solo che si stava bene, nessuno voleva andare via.
Quella che doveva essere una inaugurazione è diventata presto un appuntamento fisso: il 25 aprile di daSud è stato uno degli eventi di Roma. Per sette anni, i sette anni in cui lo Spazio daSud è rimasto aperto. Quando nel dicembre del 2015 abbiamo deciso di chiudere abbiamo calcolato di avere ospitato oltre 300 eventi, tra presentazioni, dibattiti, concerti e spettacoli teatrali, per parlare di mafie e fare dell’antimafia il punto di vista attraverso cui guardare alle politiche sociali e culturali della città. Uno spazio accogliente, piccolino ma capace di ospitare tanta gente (che si affollava anche accalcandosi dalle finestre). Quando sapevamo di avere un pubblico troppo grande ci siamo appoggiati al Teatro Centrale Preneste.
Lo Spazio daSud non è stato soltanto la sede di daSud. Qui è nata la “Mediateca Giuseppe Valarioti” (la prima a Roma sulle mafie, anche grazie alla donazione dell’associazione Cuntrastamu),il laboratorio in cui hanno preso forma dossier come “Sdisonorate” (su donne e mafie) e “Roma tagliata male” (su droga e mafie), social game di piazza come “Mammamafia” sul welfare parallelo delle mafie nella Capitale, campagne come “#1oradamore” nelle scuole contro la violenza di genere, l’omofobia e il bullismo, proposte politiche come il Protocollo Municipi Senza Mafie e grandi eventi come il primo festival della creatività antimafia e dei diritti “Restart”.
Uno spazio che è diventato un punto di riferimento per associazioni, comitati, studenti e singoli cittadini: da coworking per professionisti e creativi, con associazioni importanti come Terra! Onlus, Cooperativa agricola Co.r.ag.gio e Associazione nazionale archeologi, a luogo di incontro e confronto, di discussione politica e di elaborazione di idee e proposte in chiave antimafia per migliaia di persone. E’ stato anche il luogo in cui ha avuto sede la prima campagna nazionale per il reddito di cittadinanza e in cui è nata l’assemblea a sostegno dei lavoratori migranti di Rosarno che nel gennaio 2010 si sono ribellati alla ‘ndrangheta. Quel giorno Celeste aveva avuto l’intuizione di convocare un incontro, intercettando un bisogno. Aderiscono in tantissimi. Troppi secondo alcuni, che cercano di convocare una controassemblea. Inutilmente. Alla fine vengono anche loro. Nasce così il movimento che si occupa di lavorare per la regolarizzazione dei migranti. Ci sono manifestazioni, cortei (all’epoca il vicesindaco Luigi Nieri si becca pure una denuncia e un processo, anche se aveva soltanto cercato di mediare tra i manifestanti e le forze di polizia), il flashmob in piazza Navona dietro il Senato (quello delle arance insanguinate: qui alcune immagini:
il dossier – appunto – Arance insanguinate a cura di Alessio e Celeste e al quale abbiamo contribuito in tanti per denunciare (per la prima volta, anche se a noi sembrava un po’ la scoperta dell’acqua calda) il ruolo della ‘ndrangheta nella gestione dei lavoratori sfruttati in agricoltura nella Piana di Gioia Tauro (poi le indagini ci hanno dato ragione!) e il lavoro compiuto insieme ad Action per la regolarizzazione dei lavoratori. C’è stata una riunione al ministero dell’Interno guidato dal leghista Roberto Maroni. A chi di noi stava al tavolo dicono una cosa del tipo: noi diamo il permesso per ragioni umanitarie, ma voi tenete bassa la notizia. Politicamente non potevano permettersi di dire che avevano aperto le porte ai migranti. Loro mantengono la promessa, noi pure. Oltre duecento lavoratori migranti da allora hanno il permesso di stare in Italia.


