Nell’ambito della partnership solidale ARFestival-daSud, stretta in occasione dell’edizione 2022 del Festival del Fumetto di Roma, cinque tra illustratrici e illustratori sono stati chiamati a prendere parte attiva alla call for artist Cambiamo Musica: l’asta a sostegno dell’Associazione antimafie daSud e delle attività per il contrasto della dispersione scolastica e per il rilancio del territorio che svolge nella periferia del quadrante est della Capitale. Ciascun/a artista è stato/a chiamato/a a realizzare un’opera illustrata – su un supporto non convenzionale, quale il vinile – ispirata a una figura rappresentativa della lotta alla criminalità organizzata, dei movimenti sociali e delle trasformazioni culturali che hanno rivoluzionato le pratiche di azione e di educazione nella storia del nostro Paese. Il fumettista e illustratore Lelio Bonaccorso ha realizzato per questa occasione l’opera in vinile ispirata a Rita Atria.
Scopri l’artista e la figura a cui l’opera si ispira!
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LELIO BONACCORSO
Fumettista ed illustratore siciliano, Lelio Bonaccorso realizza insieme allo sceneggiatore Marco Rizzo: “A casa nostra…Cronaca da Riace” e “Salvezza” (Feltrinelli), “Peppino Impastato un giullare contro la mafia” (BeccoGiallo), “Gli ultimi giorni di Marco Pantani” (Rizzoli Lizard), “Primo” (Edizioni BD), “Que Viva el Che Guevara” (BeccoGiallo), “Jan Karski l’uomo che scoprì l’Olocausto” (Rizzoli Lizard), “Gli Arancini di Montalbano” di Camilleri (Gazzetta dello Sport), “La mafia e l’immigrazione spiegata ai bambini” (Beccogiallo). Nel 2012 collabora con Marvel e DComics/Vertigo. Tra il 2013 e il 2021 pubblica: “A bord de l’Aquarius“ e “Cheznous”, con Marco Rizzo (Futuropolis) “Le PéreTurc” e “Le Sarde” (Glénat), con lo sceneggiatore Loulou Dedola, “Caravaggio e la ragazza”, testi Nadia Terranova (Feltrinelli), “The Passenger“ (Tunué ),“Sinai, la terra illuminata dalla luna” (Beccogiallo), CoverJustice League (Panini/Dc Comics). Cura le illustrazioni di “Capi, colleghi, carriere. Questo sconosciuti”, libro di Marco Morelli, “Ho visto un re” di Simone Giorgi, editi entrambi da Gribaudo e per il libro “Il leggendario Federico II”, scritto da Valentina Certo, Ed. Giambra. Ha collaborato inoltre con Sergio Bonelli Editore e Disney. Ha pubblicato per quotidiani quali La Repubblica, il Corriere della Sera (La Lettura), Gazzetta dello Sport, L’Unità, Wired. I suoi lavori sono stati pubblicati oltreché in Italia anche in: Spagna, Francia, Germania, Olanda, Belgio, Usa, Canada, America Latina, Polonia. Realizza con il regista Antonello Piccione, vari corti d’animazione, tra cui “To the star” e “U Piscispada”, opere vincitrici di vari premi nazionali ed esteri.
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RITA ATRIA
Partanna, 4 settembre 1974 – Roma, 26 luglio 1992
Rita Atria è una vittima indiretta della mafia e la sua è la storia di una ragazza, nata e cresciuta dentro un contesto familiare mafioso, che sceglie di ribellarsi e di rompere la gabbia del silenzio diventando collaboratrice di giustizia. La sua vita però si interrompe all’età di soli 17 anni, quando a seguito dell’uccisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e a seguito dello stato di prostrazione in cui era caduta, sceglie di mettere fine alla sua esistenza lanciandosi dal settimo piano di un palazzo nel quartiere Tuscolano, a Roma, dove era stata trasferita da poco sotto la protezione dell’alto commissariato antimafia.
Il padre di Rita, Vito Atria, era stato ucciso a 42 anni in un agguato mafioso a Partanna il 18 novembre del 1985. Il fratello, Nicolò, di anni 27, aveva subito la stessa sorte il 24 giugno 1991, ucciso nella sua pizzeria di Montevago. Piera Aiello (Partanna 1967), vedova di Nicola e cognata di Rita, che era presente all’assassinio del marito, decide di denunciare i due killer e di collaborare con la polizia e, sotto protezione, viene trasferita a Roma. Rita decide di seguire l’esempio della cognata. Così, si reca in segreto a Marsala e si presentata al Procuratore Paolo Borsellino, con il quale inizia a collaborare. Le sue rivelazioni, insieme a quelle della cognata, consentiranno di fare luce sulla “guerra” di mafia che a Partanna aveva provocato una trentina di omicidi nella faida tra la famiglia dei Ingoglia, alla quale appartenevano gli Atria, e quella degli Accardo, detti ‘Cannata’.
Rita è sola, riceve minacce e finanche la madre si schiera contro di lei. Così entra nel programma di protezione e viene trasferita a Roma con nuovi documenti.
Scriverà nel suo diario: “Prima di combattere la mafia devi farti un esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combatterla nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.“
Il 26 luglio 1992, dopo l’assassinio del giudice Giovanni Falcone e del “suo” giudice Paolo Borsellino, Rita perde ogni speranza. Sente che il suo sogno di riscatto si è spezzato: “Quelle bombe in un secondo spazzarono via il mio sogno, perché uccisero coloro che, col loro esempio di coraggio, rappresentavano la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto. Ora tutto è finito”.
La madre di Rita, Giovanna Cannova, qualche mese dopo la morte della figlia, venne sorpresa mentre prendeva a martellate la sua fotografia sulla tomba di famiglia a Partanna e per questo atto fu condannata a due mesi e 20 giorni. In un’udienza del processo a numerosi componenti della mafia di Partanna, un pentito rivelò poi che la notizia del suicidio di Rita Atria fu accolta nel carcere di Trapani con un lungo applauso.
La sua storia diventerà emblematica e sarà spesso rievocata in teatro, nei libri e nel film “Diario di una ribelle” del giovane regista palermitano Marco Amenta che nel 1997 approda alla Mostra del Cinema di Venezia.