La rappresentazione che circola del sud Italia è spesso incatenata a un’immagine di rassegnata immobilità. Invece il Meridione è una terra in costante movimento. Poco si parla e si sostiene chi in Sicilia e nelle altre regioni del Sud apre spazi di democrazia e partecipazione reale nel territorio, avvia esperienze di rottura del sistema di controllo clientelare che impoverisce la maggior parte della popolazione, mette in atto buone pratiche antimafie giorno dopo giorno.
Spesso sono ancora esperienze portate avanti nell’indifferenza dell’opinione pubblica e l’ostracismo di pezzi di istituzione, e convivono con un Sud ancora in larga parte terreno di razzia per le criminalità organizzate. Ma ci sono momenti, punti di snodo, apici di possibilità, che vanno sfruttati come agenti moltiplicatori del cambiamento.
In Sicilia, e a Palermo in particolar modo, molti di questi momenti sono legati a due tipi di contingenze. La prima è costituita dalle fasi più cruente dello scontro tra Cosa nostra e Stato. Un esempio sono le stragi del ’92 dove trovarono la morte i magistrati Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, che hanno dato via a una delle più intense stagioni di avanzamento popolare nella coscienza dei diritti e della lotta antimafia. L’altra occasione, il più delle volte mancata, è quella delle tornate elettorali. Non è raro che donne o uomini onesti si candidino ad amministrare una territorio. È raro invece che vincano. Ma anche qui, quando accade, fanno la differenza.
Oggi è il turno di Palermo, città simbolo del peggio e del meglio del Meridione italiano. Dove la borghesia mafiosa dei liberi professionisti e dei camici bianchi è l’altra faccia della mafia che controlla militarmente i quartieri popolari di Palermo, grazie allo spaccio e al racket. Ma è la stessa città di Addiopizzo e di Libero Futuro, la stessa città dove i precari della scuola da anni scendono in piazza per un diritto all’istruzione reale anche per i figli dei poveri. E dove i lavoratori della cultura occupano i cantieri culturali della Zisa per sottrarli al degrado e alla speculazione immobiliare. L’amministrazione Cammarata ha lasciato una città sporca, impoverita, ostaggio delle clientele che trovano nella parentopoli delle aziende municipalizzate il picco massimo dell’arrogante distacco dai palermitani senza santi in paradiso. Ma allo stesso tempo, Cosa nostra, falcidiata nei vertici da numerosi arresti, si trova in un momento di riorganizzazione e di fragilità che va sfruttato al meglio per assestarle un colpo mortale.
A fronte di tutto questo, daSud crede che Rita Borsellino sia la persona più adatta a guidare Palermo fuori dal pantano in cui si trova. Perché, così come noi, condivide una visione della lotta antimafia centrata sulla giustizia sociale più che sulla repressione, sull’estensione dei diritti invece che sui proclami sparati a salve dai giornali. Perché Rita sta costruendo una campagna per le primarie viva e partecipata, partendo dal basso e dai giovani. Perché si è da subito rifiutata di fare alleanze con Lombardo e con l’Mpa, che in Sicilia rappresentano la piena continuità con il clientelismo democristiano, e in certi casi mafioso tout court, che ha sprofondato la città e l’isola nello stato attuale.
Perché è una donna, e non ci sembra un dettaglio, in un Sud ancora ampiamente permeato di cultura patriarcale e sessista. E perché ci chiede di farne parte, invece di rimanere a guardare.