Articolo su Huffington Post, di Celeste Costantino*
L’antimafia non ha bisogno di eroi, concetto giusto ma di difficile applicazione. Vale per i morti, vale per i vivi. Infatti per quanto si continui a ripetere che gli uomini e le donne vittime delle mafie altro non facevano che vivere e lavorare onestamente, nella pratica risulta inevitabile considerare quel sacrificio qualcosa che va ben oltre le nostre possibilità.
Il ricordo, la memoria, la celebrazione delle vittime sono fondamentali nella lotta alla criminalità organizzata e alla costruzione della coscienza sociale e civile di un Paese, lo sforzo però deve essere anche quello di far capire – soprattutto ai ragazzi – che l’antimafia è una pratica a disposizione di tutti e che non può avere come unico parametro lo “stato di pericolo”. Bisogna sempre essere impegnati nella tutela di chi rischia la vita, ma bisogna anche fare in modo che politica e società civile prendano in carico collettivamente e concretamente ciò che quei soggetti, in particolare i giornalisti, denunciano.
E invece la politica sembra aver dismesso la sua “mission” antimafia e ha delegato gran parte del suo ruolo alla magistratura, al giornalismo e all’associazionismo. Non è stato sempre così: in passato partiti come il Pci rappresentavano davvero un argine alla criminalità organizzata, come dimostrano le vicende di Pio La Torre o Giuseppe Valarioti. Oggi invece i partiti si limitano, nella migliore delle ipotesi, a svolgere una funzione di supporto: mutuando l’analisi e l’esperienza delle associazioni o “correggendo” i gruppi dirigenti dopo le inchieste della magistratura. E qui si ferma.
Prima, per esempio, era tutto un “come ha detto” Saviano. Non c’era parola sulla camorra o, più in generale, sulle mafie per cui non si dovesse aspettare la certificazione dello scrittore. La camorra non veniva più chiamata camorra bensì gomorra, come il suo celebre romanzo. Chi lo cercava di qua e chi di là. Chi lo voleva sindaco di Napoli e chi ministro. Persino quando oggettivamente non comunicava nulla di particolarmente illuminante tutti erano comunque pronti a strapparsi le vesti per il genio delle sue parole.
Non so se sia possibile sottrarsi da questo meccanismo, so soltanto che a lungo andare questo produce – ha prodotto – notevoli guasti ad entrambe le parti. Per esempioSaviano ha scritto un pezzo sui ragazzi di Napoli che andrebbe letto e riletto. Sia per i contenuti sia per la necessità che abbiamo di far tornare il tema delle mafie centrale dentro il dibattito politico. Ma Saviano agli occhi della politica e di un pezzo di opinione pubblica non è più il Saviano di una volta.
Se non ricercassimo gli eroi oggi faremmo tesoro di quel pezzo, indipendentemente da chi l’ha scritto, come si dovrebbe fare per il lavoro di tanti giornalisti sconosciuti e che ignoriamo magari perché non vivono sotto scorta. Potrei farne un elenco molto lungo. Ma non voglio cadere anch’io nel tranello di parlare di chi racconta invece di parlare dell’oggetto del racconto. E l’oggetto è che a Napoli ragazzi minorenni sparano nel centro della città e che le mafie al sud non hanno affatto rinunciato ad avere un controllo asfissiante del territorio perché interessate all’economia del nord. Che a Roma non è andato in scena un funerale kitsch, come i familiari e l’avvocato di Vittorio Casamonica ci hanno spiegato ieri nel salotto di Bruno Vespa, ma abbiamo assistito alla celebrazione di un clan e che a Ostia tutto si mischia senza non riuscire più a capire cosa è pulito e cosa non lo è a tal punto che il M5S presenta un rapporto in commissione parlamentare antimafia in cui attacca tutti, compresa la giornalista Federica Angeli, a cui anche io naturalmente esprimo solidarietà.
Che facciamo? Come rispondiamo a tutto questo? Siamo in una fase di svolta in cui tutti sembriamo essere impreparati a questo passaggio. La velocità con cui le mafie si trasformano, ritornano indietro, fanno passi in avanti, si occultano, si rappresentano e si autocelebrano nel loro potere sta cogliendo di sorpresa o, comunque, rende poco efficace, praticamente chiunque. Quest’anno ci sono due anniversari i 20 anni diLibera e i 10 anni di daSud. Per motivi e impegni diversi sono legata ad entrambe le associazioni. Io spero che questi due appuntamenti servano per lanciare una nuova offensiva alle mafie. E che questa offensiva faccia arrivare dalla politica non un generico sostegno ma un contributo concreto e reale. Il 25, 26, 27 settembre alla Casa del Jazz ci sarà Restart antimafia: sarebbe bello che quello potesse essere un primo momento di discussione. Senza bisogno di eroi, solo persone che hanno voglia di liberare le città da questi uomini schifosi che ci impestano la vita.
*Deputata Sel