L’illustrazione è un omaggio di Luca Ferrara a Vincenzo Agostino
Non ha tagliato la barba per trentacinque anni. Era la sua protesta, silenziosa e decisa. Vincenzo Agostino lo aveva promesso: mai un colpo di forbice fino alla scoperta dei nomi dei responsabili dell’agguato mafioso in cui sono stati uccisi suo figlio e sua nuora. E’ morto senza avere verità e giustizia, senza poter tagliare quella splendida barba bianca, lo scorso aprile a 87 anni.
Una storia che racconta il buco nero nel nostro Paese.
Questa storia nasce il 5 agosto 1989. Quel giorno l’agente di polizia Nino Agostino, 28 anni, e sua moglie Ida Castelluccio, 19 anni, vanno a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo, per una festa di famiglia. All’improvviso un commando di killer mafiosi li uccide. Si erano sposati da appena un mese, aspettavano un bambino.
Le indagini fanno acqua da tutte le parti, da allora la protesta di Vincenzo Agostino. E un susseguirsi di misteri, depistaggi, ingiustizie. Fino al 7 ottobre del 2024 quando la Corte d’Assise di Palermo condanna all’ergastolo il boss Gaetano Scotto e manda assolto dall’accusa di favoreggiamento l’amico dell’agente ucciso Francesco Paolo Rizzuto. Già lo scorso anno la Corte d’assise d’appello di Palermo aveva confermato la condanna all’ergastolo del boss palermitano Antonino Madonia.
Nino Agostino, agente delle Volanti, collaborava con i Servizi Segreti alle indagini per la cattura dei latitanti di mafia nella seconda degli Anni Ottanta. Insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato, a Giovanni Aiello, detto “Faccia da mostro”, deceduto 4 anni fa, all’agente di polizia Guido Paolilli e ad altri componenti dei Servizi avrebbe fatto parte di una struttura di intelligence che teneva rapporti con alcuni esponenti di Cosa nostra. Sarebbe stato ucciso “perché venuto a conoscenza di fatti concernenti i legami segreti tra la mafia ed esponenti della polizia e dei Servizi”.
Conosciamo tutta la verità? Forse.
Ai funerali di Nino e Ida il giudice Giovanni Falcone avrebbe rivelato a un amico: «A quel ragazzo devo la vita». Nino Agostino stava indagando sul fallito attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone: il 21 giugno 1989 alcuni agenti di scorta trovarono su una spiaggia dell’Addaura un borsone contenente cinquantotto candelotti di tritolo. Un altro mistero italiano.