“Dirla. La prima cosa da fare a Roma è dirla, la mafia. Imparare a pronunciarla. Nello spirito indicato da Paolo Borsellino”. Comincia così la riflessione di Danilo Chirico sulla Roma criminale, pubblicata su MicroMega online (leggi qui). Un’analisi lucida e ben documentata su una città che, nel 2012, è stata la capitale italiana dei delitti (oltre 267mila). Con ben 7.877 segnalazioni di operazioni bancarie sospette secondo l’Uif della Banca d’Italia (quasi 1500 in più rispetto al 2011).
“Finita la stagione di Alemanno, l’attenzione della politica non è cambiata in maniera decisiva. Eppure il Comune può essere protagonista di una nuova stagione antimafia, muovendo le giuste leve amministrative lungo tre direttrici: politica e culturale, burocratico-amministrativa e politiche sociali e di welfare”. Pre-requisito d’ogni agire deve essere il cambiamento del paradigma analitico adottato fino a questo momento: “le mafie non sono fenomeni residuali, legati a episodi di infiltrazione (come si legge giornalmente nelle dichiarazioni dei politici, anche di quelli apparentemente più attenti) o di violenza, sono invece un sistema di organizzazione del sistema economico, hanno e gestiscono consenso (seppure di pessima qualità). È così in Italia, è così anche a Roma”.