Dieci anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Tanto ha chiesto ieri la Procura di Catania per Raffaele Lombardo, su cui grava, pesante, l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Ancora di più rischia la Sicilia, che potrebbe ben presto ritrovarsi con due governatori consecutivi condannati per fatti di mafia. Raffaele Lombardo come Totò Cuffaro. Lui, il diretto interessato, le definisce “squallide penose sciocchezze”. E per dimostrarlo annuncia di voler rinunciare alla prescrizione. Ma è evidente che tutti gli occhi sono adesso puntati sul gip Marina Rizza, che, dopo un anno di udienze, dovrà pronunciarsi in merito al suo rinvio a giudizio. Una notizia passata molto, troppo in sordina sui media nazionali. Era successo anche due settimane fa, quando i giudici della terza sezione penale della Corte d’appello di Palermo resero note le motivazioni della sentenza su Marcello dell’Utri. L’ex senatore del Pdl, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato il “mediatore contrattuale” di un patto tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. Parole come macigni, trasformati in pietruzze sulle pagine dei giornali.
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