Tra il paese e la marina sono duemila e trecento abitanti tutto l’anno. Eppure qui a Riace, tra le irraggiungibili e isolate colline locresi, messe a dura prova dai forti temporali degli ultimi giorni, sabato ottobre sono arrivati altri 5 mila e oltre a manifestare solidarietà a Mimmo Lucano. Il sindaco di tutti, sostenuto da più presidi in contemporanea: piazza Castello a Torino, piazza San Babila a Milano, un presidio al Festival di Internazionale a Ferrara e iniziative sparse anche all’estero.
Dall’alba di martedì 2 ottobre si trova costretto ai domiciliari per decisione dei giudici di Locri, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di aver illecitamente affidato a due cooperative del luogo la raccolta dei rifiuti.
Alle 8 di mattina la notizia era già su tutti i quotidiani online e su Facebook veniva condivisa all’impazzata. Immediata è stata la risposta: sabato 6 ottobre tutti in Calabria per “Mimmo libero” e perché “Riace non si arresta”. Una manifestazione convocata in fretta e furia – nonostante per la domenica fosse prevista da tempo la marcia della pace Perugia-Assisi – a cui hanno risposto associazioni, collettivi, sindacati e vari pezzi delle sinistre diversamente collocate sull’attuale scacchiere politico, più extraparlamentare che di palazzo.
Decine di pullman partiti da più parti del Sud e non solo. Già dalle 10 approdano nella piazza principale di Riace i volontari di Baboab Experience, un altro “modello” seppure informale di accoglienza nella Capitale. Anche questo quotidianamente a rischio sgombero. I ragazzi romani non sono venuti solo per unirsi al corteo, si fanno anche emissari di un messaggio importante di sostegno per Mimmo Lucano. Il mittente è Cédric Herrou, agricoltore francese finito più volte sotto processo per aver accolto e aiutato decine di migranti a passare il confine di Ventimiglia, ospitandoli nella sua tenuta a Breil-sur Roya.
Il corteo riempie le strade del paese. Si intravede anche Zerocalcare, in questa “Riace calling”. I migranti in testa con lo striscione “Riace non si arresta” invitano tutti dal megafono: “Passiamo sotto casa di Mimmo, facciamogli sentire che ci siamo”. E così sia. Cinquemila persone, sotto la pioggia che inizia a cadere, raggiungono la casa del padre di Mimì, dove si trova il figlio all’ultimo piano. La folla scandisce “libertà!, libertà!”, “Mimmo libero!”, lui si affaccia commosso saluta e manda baci, prima da una finestra chiusa però da una zanzariera. Quindi cambia postazione, non vuole ulteriori gabbie, si affaccia da un’altra finestra da cui si vede meglio il corteo, che in quel momento intona all’unisono “Bella ciao”. Lui risponde alzando il pugno sinistro al cielo, foto che rimarrà scolpita nella memoria di questa storica giornata. Un ragazzo africano sventola una sciarpa tricolore e urla: “Chi accusa Mimmo Lucano sta tradendo i valori di questa bandiera”.
Qualcuno fa a gara per entrare in casa, nel tentativo di dargli un abbraccio. Il resto del serpentone scende all’anfiteatro dove prosegue la manifestazione. “Siamo arrivati qui con il fuoco nell’anima – racconta un ragazzo africano dal palco – non cercavamo ricchezza anche perché qui non ci sono negozi.Mimmo Lucano ci ha saputo accogliere trasformando questo in un luogo del cuore e di pace. Dovrebbero imitarlo anche al nord il modello Riace”. Dopo di lui interviene il primo curdo arrivato a Riace con il primo sbarco a metà anni ’90 e ricorda: “Riace è un luogo umano, quando siamo arrivati Mimmo ci è stato vicino come un fratello”.
Ci sono anche altri amministratori giunti in questo angolo così sperduto, così famoso, di Calabria. “Noi sindaci siamo siamo votati direttamente dai nostri cittadini che quando sbarrano la croce sulla scheda elettorale ci investono di tante responsabilità e per fare il nostro lavoro come si deve spesso riceviamo numerosi avvisi di garanzia”, avverte Alessio Pascucci, 36 anni, sindaco di Cerveteri che il 2 ottobre, alla notizia dell’arresto di Lucano, si è autodenunciato per disobbedienza civile. Tra la folla c’è anche Renato Accorinti, ex primo cittadino di Messina, tra gli animatori dei movimenti ambientalisti e per il disarmo nucleare.
Non poteva mancare a questa grande giornata di mobilitazione contro la destra fascista, come la definisce lui stesso, Peppino Lavorato, ex sindaco di Rosarno, uno dei primi ad aprire i comuni calabresi all’accoglienza negli anni ’90. “Non vedevo tanti giovani in piazza dalle manifestazioni che organizzavano negli anni ‘7o gli operai metalmeccanici a Reggio Calabria, quando c’era il pericolo degli attentati dei boia chi molla”.
Il sole cala e sullo sfondo le nuvole si diradano sul mare. “Ma dobbiamo ancora lottare per allontanare quelle nere che stanno attraversando i cieli d’Europa e oscurano i popoli”, recita la lettera scritta da Mimmo Lucano e letta da Chiara Sasso, cittadina onoraria di Riace direttamente dalla Valsusa lo scorso agosto e attivista della Rete dei Comuni Solidali. “Se siamo vivi e restiamo umani – manda a dire alla piazza Mimì Lucano – un giorno potremo accarezzare il sogno dell’utopia sociale. Vi auguro di poter avere il coraggio di essere soli e l’ardimento di stare insieme sotto gli stessi ideali. Di poter essere disubbidienti, ogniqualvolta si ricevono ordini che umiliano la nostra coscienza”.
Dalla piazza si alza il grido “Mimmo Lucano Premio nobel per la pace”, con una vasta eco che 24 ore dopo arriva anche ad Assisi.
Gianluca Palma