Criptofonini e social network
La nuova logistica dello spaccio
Dai criptofonini per le comunicazioni tra narcos ai social network utilizzati come canali di spaccio: Telegram, Instagram, WhatsApp e ora anche Potato. A far esplodere lo spaccio online è stata soprattutto la pandemia, che ha permesso anche alle organizzazioni criminali di sfruttare appieno i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie. E così ora, accanto ai canali tradizionali dello spaccio, proliferano in tutta Italia i bazar virtuali.
Da Roma a Milano, fino a Palermo, sono centinaia le chat che aprono e chiudono dove viene messa in vendita droga di ogni tipo.
La maggior parte dei canali accetta ancora denaro contante e consegna alla mano. Ma la digitalizzazione dello spaccio offre vantaggi infiniti, sia per chi compra che per chi vende.
«Per effettuare un ordine è sufficiente inviare un messaggio con ciò che desideri e la quantità di cui hai bisogno. Dai un indirizzo sicuro. Effettua il pagamento. Invia uno screenshot e attendi la consegna». Sulla pagina Telegram “Droga Erba Milano Roma Turin Fumo”, uno dei tanti canali chiusi dalle forze dell’ordine, erano oltre 14mila le persone iscritte. In vendita, oltre alla cocaina pura, i funghi allucinogeni essiccati, LSD, ketamina, il farmaco tumorale Oxycontin, la codeina, lo Xanax e la punisher blu.
Video e foto testimoniavano la qualità della merce, che poteva essere acquistata usando criptovalute come Bitcoin e Monero, ma anche carte regalo Amazon o Apple, da convertire con la complicità di broker che operano in cambio di una percentuale. Impossibile per le agenzie investigative di tutto il mondo quantificare la portata di questo fenomeno, così come spesso sono vani i tentativi di recuperare il denaro, che si perde nei conti correnti esteri, principalmente dell’Europa dell’Est.
C’è un’inchiesta della Procura di Brescia, però, che spiega bene le potenzialità della rete, in particolare del dark
web. È quella del Berlusconi Market, la piattaforma in stile Amazon dove era possibile procacciarsi di tutto, dai kalashnikov alla cocaina. Dopo gli arresti del 2021, gli admin del Berlusconi Market, dove sarebbero avvenute 40mila transazioni tra il 2017 e il 2019, sono finiti a processo. Rischiano pene tra i cinque e i nove anni. Tre di loro si sono detti pronti a “collaborare” con la giustizia, consegnando le chiavi di accesso a 17 Bitcoin, corrispondenti a circa un milione e 700mila euro, dopo che già nei mesi scorsi avevano consegnato altri due milioni e mezzo in criptovalute.
Nell’inchiesta della Finanza erano stati sequestrati oltre due chili di stupefacenti tra cocaina, ketamina e MDMA.
Le cifre in ballo sono considerevoli, ma l’aspetto indicativo è il profilo dei nuovi narcos: ex studenti universitari incensurati, che nulla avevano a che fare con la criminalità organizzata. O brillanti nerd, come l’hacker siciliano arrestato per aver violato i siti delle procure di mezza Italia. Un 24enne che, grazie al Berlusconi Market, era riuscito ad accumulare 5 milioni di euro in cripto.